L’esports come advertising: la nuova frontiera per i brand

L’esports come advertising: la nuova frontiera per i brand
© foto di Pixabay
venerdì 28 maggio 2021, 11:24Editoriale
di Francesco Lombardo
Riot Games sembra aver capito quanto la pubblicità in game possa essere appetibile per i brand. Ma il pioniere è Fortnite.

Agli scorsi mondiali di League of Legends, disputati a Shanghai in Cina, Riot Games, publisher e organizzatore dell’evento, stupì appassionati e non con il primo esperimento massivo di pubblicità all’interno del torneo. Non i soliti inserimenti pubblicitari tra una partita e l’altra, o le varie pause brevi che solitamente vediamo nel mondo dello sport. Né le classiche attivazioni associate a specifici eventi, come il Baron Powerplay by Red Bull o il più semplice “Double kill, double crunch!” che ascoltiamo spesso al PG Nationals, il campionato italiano di League of Legends, ogni volta che un giocatore compie una doppia uccisione. Agli scorsi mondiali la novità era rappresentata dalla presenza dei vari brand sponsor dell’evento direttamente nel gioco, assicurandosi così un’esposizione mediatica ampia e costante durante l’intera partita, anche senza pause. Da Oppo a Mastercard, da Spotify a Mercedes-Benz, da Alienware a Secretlab: ognuno ha trovato il proprio posto e la propria vetrina nel gioco. 

Lo stesso sembra voler fare Riot Games con Valorant, titolo che compirà appena un anno il 2 giugno prossimo ma che in questi giorni è protagonista a Reykjavik, in Islanda, con il Valorant Masters, il suo primo evento internazionale dal vivo con i migliori giocatori provenienti da tutto il mondo. Rappresenta la prima vera prova per testare la forza, soprattutto mediatica oltre che competitiva, del tactical shooter di Riot Games. Brasile, Nord America, Europa, Corea, America Latina e Sud-Est Asiatico sono tutte presenti e rappresentate dalle loro migliori squadre, descrivendo così un evento di caratura globale osservabile in tutto il mondo in diretta streaming e appetibile per più brand: Secretlab, Red Bull, Verizon, Hyperx, la stessa Prime Gaming di Amazon sono tutti presenti con diverse attivazioni durante la diretta. 

Ad esempio le sedie dei giocatori sono tutte Secretlab, con il logo sempre visibile dietro la testa dei player durante le inquadrature, sia nei match che nelle pause. Hyperx ha portato mouse e tastiere a commentatori e analyst. La novità più interessante è forse quella di Prime Gaming, presente in più punti: sia durante la selezione degli agenti, ovvero il momento in cui i giocatori scelgono quale personaggio utilizzare, sia negli highlights che quando avviene un round flawless, ovvero il frangente in cui un team vince un round senza perdere un singolo membro. Più classica invece la presenza di Red Bull, il cui marchio viene facilmente inquadrato grazie ai minifrigo visibili dietro i giocatori e i coach. Non solo: Red Bull è anche protagonista del “Clutch Rounds”, ovvero del replay dell’azione in cui una squadra riesce a vincere un round con un solo giocatore rimasto in inferiorità numerica.

Per completezza di informazione chi per primo ha però capito che l’interno di un videogioco può essere brandizzato e diventare motivo di advertising è stato Fortnite, fenomeno digitale di Epic Games che pensato per primo di trasformare la propria creatura in un contenitore di entertainment. Tra concerti digitali, come quelli di Travis Scott, e anteprime virtuali di film, come accaduto per Tenet, Fortnite ha già compiuto il primo passo verso una nuova dimensione dell’intrattenimento, attirando sempre più brand pronti a pubblicizzare il proprio marchio associandolo al videogioco. Milioni di giocatori e milioni di appassionati rappresentano infatti un pubblico potenzialmente enorme che interessa, ovviamente, a qualunque brand che miri a veicolare il proprio messaggio alle generazioni più giovani, ormai lontani sia dai classici strumenti di advertising che dai mezzi di comunicazione come radio e TV.