Corea: in parlamento arriva la “Heroes of the Storm Law"

Corea: in parlamento arriva la “Heroes of the Storm Law"TUTTOmercatoWEB.com
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venerdì 21 maggio 2021, 12:52Editoriale
di Francesco Lombardo
Il parlamentare sudcoreano Dong-su Yoo ha portato in Parlamento una proposta di legge per limitare il potere decisionale dei publisher nell’esports.

La settimana corrente ha visto IIDEA, l’associazione di categoria dell’industria videoludica italiana, esports inclusi, prendere posizione sullo sviluppo del settore del gaming competitivo nel nostro paese. Un vero e proprio manifesto che basa il futuro dell’esports su cinque pilastri ma con un unico denominatore comune: secondo IIDEA gli esports non sono uno sport. O, meglio, non devono essere trattati allo stesso modo, in particolare sotto il profilo regolamentare. La collaborazione con le istituzioni sportive, infatti, è benvenuta e può essere indubbiamente proficua, come ha sottolineato la direttrice generale di IIDEA Thalita Malagò. Ma a regolamentare il settore, introducendo nuove norme o eliminando quelle che ne sono di ostacolo per lo sviluppo, dovrebbero essere secondo l’associazione i decisori politici e governativi.

Un approccio che appare in netto contrasto con quanto finora promosso dal CIO, che nel frattempo ha abbracciato gli esports nei termini dei simulatori virtuali di sport con il lancio delle Olympic VIrtual Series. Così com’è in contrasto con quanto invece declamato a gran voce dal comitato promotore esports italiano che sembra aver trovato in Giovanni Malagò, appena rieletto alla guida del Coni, un importante sponsor istituzionale. Eppure sono rari i casi in cui, almeno in Europa, è stato lo sport a occuparsi di regolamentare gli esports. Anzi, nei due casi più eclatanti a spingere il gaming professionistico verso un maggiore sviluppo è stato il governo: come accaduto in Spagna, in cui sono state emanate delle norme di sgravi fiscali per le società di esports, e in Francia, dove lo stesso Parlamento nel 2017 ha promulgato tutto un nuovo ramo legislativo che disciplina la rete, internet, le nuove società digitali e, appunto, gli esports. Un percorso che in Italia forse è appena iniziato con Dario Franceschini, ministro dei beni culturali dell’attuale governo Draghi che ha recentemente approvato un'aliquota del 25% del costo di produzione dei giochi italiani riconosciuti di valore culturale. 

Intanto in Corea, paese dove gli esports sono regolamentati già dai primi anni 2000, ci si inizia a interrogare su quale possa essere il limite, se esiste, del potere decisionale di un publisher sul futuro di un titolo esports. La principale differenza tra lo sport tradizionale e li gaming professionistico è chiara: le regole del gioco non le decide un organismo indipendente ma chi il videogioco lo produce, essendo esso stesso per definizione una proprietà intellettuale privata. Se il calcio, il basket o la pallavolo sono di tutti, League of Legends, Counter-Strike, FIFA o Overwatch sono delle rispettive case di produzione Riot Games, Valve, Electronic Arts e Activision Blizzard. È proprio Blizzard, con il suo videogioco Heroes of the Storm, ad aver convinto il deputato coreano del partito democratico Dong-su Yoo a portare in parlamento un disegno di legge, chiamato non a caso “The Heroes of the Storm Law”, che possa porre un freno all’attuale illimitato potere detenuto dai publisher.

Perché proprio Heroes of the Storm? A dicembre 2018, a conclusione della stagione competitiva, Blizzard annunciò la cessazione di ogni organizzazione in prima persona e supporto diretto alla scena competitiva di Heroes, cancellando i circuiti dell’HGC - Heroes Global Championship e dell’Heroes of the Dorm. Tradotto: la scena professionistica di Heroes of the Storm non esiste più. La decisione fu presa dall’allora (e ancora attuale) presidente J. Allen Brack senza avvisare i team, gli organizzatori di eventi, i giocatori che avevano investito tempo e risorse nella scena competitiva. Tutti i principali attori hanno scoperto di non avere più un futuro su Heroes dall’oggi al domani, senza alcun preavviso.

È proprio su questo punto che Dong-su Yoo vuole costruire la discussione parlamentare in Corea del Sud. Non tanto evitare che un publisher possa prendere una decisione di questo tipo, del tutto legittima e come anticipato rientrante pienamente nei suoi poteri, quanto limitarne l’impatto sull’industria obbligando a un preavviso di diversi mesi prima di abbandonare le competizioni. “Negli esports la decisione del publisher del videogioco di non voler più di sostenere una competizione ha un impatto enorme su tutti gli altri attori: squadre, giocatori, caster, spettatori e molti altri che non possono essere messi alla porta per una decisione unilaterale indipendente dalla loro volontà ”, ha raccontato il deputato Yoo a Naver Sports, uno dei principali siti d’informazione di Seul.

Soprattutto considerando, infine, che molti giocatori professionisti sono ancora adolescenti o intorno ai vent’anni di età, ovvero in un momento delicato nella costruzione delle loro carriere. Un’interruzione improvvisa del loro titolo professionistico, dopo aver speso ore e risorse per allenarsi, migliorare e competere, potrebbe avere conseguenze anche di lungo periodo per loro. “La legge deve proteggere da questi danni unilaterali”, ha chiuso Yoo.