ESW -Lucchetta: "Quello che accade nella testa dell’atleta o player è abbastanza simile"

ESW -Lucchetta: "Quello che accade nella testa dell’atleta o player è abbastanza simile"
venerdì 25 giugno 2021, 17:03Interviste
di Chiara Biondini
Appuntamento settimanale con la rubrica EsportsWeb su TMWRadio, venerdì mattina con Viscogliosi, Erba e Ponciroli nel programma Pianta Sport

Mauro Lucchetta, Psicologo e Mental Trainer per lo Sport e gli Esports è intervenuto ai microfoni di TMWRadio per parlare del suo mestiere applicato ai giochi competitivi virtuali.

“Quello che accade nella testa dell’atleta o player è abbastanza simile, quindi il lavoro che viene fatto soprattutto nei mesi precedenti al torneo è fondamentale, perché poi si arriva al giorno della finale o qualifica senza essere preparati. Bisogna avere un mindset ottimale nel giorno delle competizioni”.

“Nel 2014 questo mestiere non esisteva, io sono psicologo e da subito mi sono dedicato allo sport come settore principale, e dato che giocavo da ragazzo e sono stato anche campione italiano di Gran Turismo sono entrato nel mondo eSports. Approfitto per fare i complimenti a Valerio Gallo, il nostro nuovo campione olimpico proprio di questo videogioco. Avevo questo tarlo nella testa che quando competevo stavo male, facevo fatica, avevo bisogno di una testa performante in quel momento lì. Ho contattato i Next Gaming e ho iniziato a collaborare con loro, e da lì c’è stata una crescita. Sono un po’ di anni che si fa psicologia negli eSports”.

“In questo lavoro la cosa bella è che puoi dialogare con dei ragazzi, che non sono più la nicchia, ma la maggior parte dei nostri teenager. La cosa interessante per me è rimanere in contatto con un settore giovanile, anche in ambito sport. Negli eSports c’è tanto impegno, volontà, fatica e sofferenza. I ragazzi fanno della loro vita un sacrificio per essere bravi e performanti. E’ importante sia prepararli mentalmente, perché siano pronti alla competizione e sia tutelarli perché è un qualcosa di nuovo".

"Spesso i videogiochi possono essere visti come qualcosa di negativo, ma ci sono studi che dimostrano che giocare bene fa bene, l’importante è come tu ti dedichi a questa attività.”.

“Quando sei molto carico, poi non sei pronto agli scenari improbabili, diciamo che avere una selfconfidence positiva è buono, ma quando si va in over è molto pericoloso. Ho a che fare con molti player che vanno “recuperati”, quando la competizione non è andata a buon fine. Negli eSport la competizione è altissima, ci sono pochi posti e tantissimi “pretendenti”. Il numero di persone che partecipano non ha paragoni (rispetto ad altre competizioni n.d.r.). Cercare di diventare un Pro Player è l’attività competitiva più difficile che ci sia, ci sono tanti player che rimangono delusi”.

Rapporto famiglie-player.
“Ci sono delle volte in cui i genitori hanno ragione. Il vantaggio di essere un giocatore, mi fa capire quando un player sta veramente giocando, perché vuole migliorare e per lui è diventato un potenziale futuro da professionista o si sta semplicemente svagando. Giustamente bisogna vedere quando il player si sta impegnando per un obiettivo o sta perdendo del tempo. Ci sono stati dei casi in cui il ragazzo non andava più a scuola, e la cosa importante è che stata che riprendesse i binari di un certo percorso di vita. Altre volte c’è stata una mediazione con i genitori perché magari il ragazzo performava bene, faceva streaming con numeri interessanti e di fatto quello poteva già essere il suo lavoro, però il genitore non conoscendo il settore si opponeva. Quindi ci sono volte in cui bisogna spingere il player in una certa direzione e altre volte che bisogna scendere a patti”.

Differenza tra eventi live e online, per le performance dei player...
“Ci sono casi estremi, passare a giocare magari davanti a 10.000 persone live ti distrugge se non sei pronto. Il fattore ambientamento è fondamentale. L’auspicio è tornare a fare competizioni dal vivo”.

Ci sono giochi in cui la pressione è più alta?
“C’è un fattore che influisce moltissimo sula gestione dello stress del player, il fattore casualità. Se ho il controllo delle meccaniche del gioco ho il controllo sul mio destino. Poi ci sono giochi in cui la randomicità incide moltissimo sul fattore vittoria o sconfitta. Ad altissimo livello riesci a scendere a patti anche con il fatto che per una partita andata male ce ne sono altre che sono andate bene. Se dovessi citarti un titolo, in cui ha richiesto più intervento è LOL, perché il matchmaking avrai a che fare con un team che ti segue o altre volte ti trolla. Se uno è bravo a tollerare che esista quella casualità diventerò un ottimo player.”

Ascolta il Podcast per sentire l'intervista integrale, nell'ultimo intervento si parla di cosa vuole dire allenarsi per migliorare le proprie carenze nel gioco.