ESW - “Hollywood285” (Exeed): "Le meccaniche sono allenabili, ma ci deve essere la base"

ESW - “Hollywood285” (Exeed): "Le meccaniche sono allenabili, ma ci deve essere la base"
venerdì 28 maggio 2021, 17:35Interviste
di Chiara Biondini
fonte Intervista di Fabrizio Ponciroli
Nello Nigro “Hollywood285”, team Exeed.

Esports: Nello Nigro, team Exeed, intervistato da Gianluca Viscogliosi, Iacopo Erba e Fabrizio Ponciroli

Nello Nigro “Hollywood285”, player di FIFA, coach per il videogioco del team Exeed, streamer con un nutrito seguito su Twitch e Youtube è stato ospite questa mattina su TMWRadio, nel programma Pianeta Sport, condotto da Gianluca Viscogliosi e Iacopo Erba.

“La mia passione dei videogiochi è nata da quando ero piccolissimo, mia madre me l’ha trasmessa. Pro Player sono diventato mettendomi in mostra 4/5 anni fa, tra i risultati e la visibilità che mi ha dato Twitch, arrivavano le prime proposte.  Da questa stagione ho appeso il gamepad al chiodo e mi sono dedicato all’attività di coaching. Il passaggio è stato indolore, anzi è stata una liberazione, alla mia età a fronteggiare questi giovani così brillanti, così freschi e rapidi di pensiero non ce la facevo più e mi sono potuto dedicare a quella che è stata una delle mie più grandi passioni da sempre che è il coaching. Pure quando ero Pro Player cercavo sempre di tenere sotto la mia ala i giovani, per insegnargli tutto quello che io avevo imparato nel corso della mia carriera”.

“Come Streamer ho fatto un percorso anomalo, di solito tutti partono da youtube, io invece son nato su Twitch e da poco ho iniziato a pubblicare su Youtube, cominciando a mettere quelli che erano degli estratti di live”.

“Avendo 34 anni ho visto tutta l’evoluzione dei videogiochi di calcio, per cui diciamo che si è arrivati ad un punto in cui i giochi di calcio sono difficili da migliorare,  hanno raggiunto un punto di perfezione dal punto di vista della grafica: mentre una decina di anni fa ogni anno, ogni titolo che usciva era nettamente superiore sia graficamente, che in termini di gameplay rispetto al precedente, adesso siamo in una fase di stallo. Vedremo cosa accadrà con le console next gen che sono uscite e vedremo se ci sarà il salto di qualità l’anno prossimo. Nel corso di 20 anni c’è stata un’evoluzione incredibile”.

Dal punto di vista di coach, come fai a capire se un ragazzo ha le qualità per diventare un Pro Plyer, al di là di saper giocare ad alti livelli?
“Le capacità a livello meccanico, ricoprono un ruolo diciamo secondario, io guardo tanto quando devo scegliere i player per il team, a quelle che potremmo definire le Mental skill, ossia la capacità di adattarsi alle varie avversità che si possono presentare durante una competizione, nella gestione del tilt, dell’ansia, tutti questi aspetti che sembrano trascurabili, ricoprono un ruolo determinante. Ci deve essere un’ottima base di talento su cui andare a lavorare, perché le meccaniche sono allenabili, ma ci deve essere la base del player. Poi bisogna vedere anche l’età, diciamo che l’età ideale di Pro player di Fifa va dai 16/18 ai 24/25. Dopo i 25 inizia un lento, ma inesorabile declino (ride n.d.r.), c’è chi arriva a 30anni compete ma fa fatica, ma oltre i 25/26 non si viene più presi in considerazione come talenti da Accademy, da prendere e far crescere”.

Storia di FIFA
“Fifa 11 era nettamente indietro rispetto all’altro titolo calcistico che era PES, perché meccanicamente era più avanti il secondo. Poi c’è stato il colpo di genio dell’EA, di introdurre questa modalità ultimate team che è una modalità che permette al player di costruire la squadra dei propri sogni. C’è un mercato interno in cui si scambiano giocatori…è una modalità che crea engagement, e poi man mano sono stati anche bravi a migliorare il gioco da un punto di vista meccanico. FIFA si è allineato a Pes e poi lo ha superato a mio avviso ma i numeri delle vendite parlano chiaro. E’ una modalità che ha i suoi pro e i contro, perché è pay to win, più si spende più si riesce ad avere squadre competitive. Si riesce anche senza spendere, seppur più lentamente a costruire la squadra dei propri sogni”.

Il periodo in cui si può eccellere è ristretto, è un po’ un rischio buttarsi per diventare un Pro Player.
“Partiamo sul presupposto che su Fifa si deve puntare a diventare Pro Player per un discorso proprio di passione, non si deve guardare l’aspetto economico, perché girano pochi soldi al momento, anche perché siamo agli inizi di questo grosso movimento degli eSports. Il consiglio che posso dare a chi si lancia di questo mondo, è quello di portare avanti di pari passo, oltre alla sua bravura nel competere, anche lo streaming  e la creazione di contenuti. Deve crearsi una figura, in modo che quando dovrà dire addio alla competizione, potrà portare avanti altro, sviluppando una fanbase che lo segua come content creator. Gli anni in cui si compete in generale su FIFA sono pochi. E’ importante dedicarsi parallelamente anche ad altro”.

Il prossimo passo degli eSports…
“Secondo me continuerà in questa direzione ad espandersi sempre di più, come abbiamo visto è un anno e mezzo che abbiamo anche un team nazionale su Fifa e poi ci saranno le olimpiadi. Questo anno è stata fatta la eSerie A, con le finali che saranno la settimana prossima. Crescerà sempre di più come movimento fino a diventare un qualcosa che è conosciuto sempre di più. Ci si sta impegnando a portarlo in TV ma siamo all’inizio, il prossimo step è farlo conoscere al pubblico”.

Quanto è importante la presenza del pubblico nelle manifestazioni più importanti?
“Diciamo che il ruolo del coach è un ruolo che comprende due fasi, una prima fase che è più tecnica che ricopre tutto il momento fino alla competizione, nel momento in cui si è in torneo ci sono degli scambi di parare sui moduli e avversari, ma è una sorta di aiuto psicologico quello che viene dato in partita. Il coach è una figura che serve a far rimanere tranquillo il Pro Player. Il pubblico può avere un doppio impatto, può caricarlo quando il player performa bene, e allo stesso tempo nei momenti no si inizia a sentire la pressione con la reazione del pubblico quando si fa male”.